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Intervista a Bepi De Marzi

Domande dai cori

La mia domanda a De Marzi. L' età' media dei coristi amatoriali è alta ma con piacere da alcuni anni si notano Università e istituti superiori che hanno costituito dei gruppi corali. Spesso sono lodevolissime, ma sporadiche iniziative che partono dagli stessi studenti. Dopo essersi esibito con i Crodaioli in concerto al Quirinale ed aver ricevuto la massima onorificenza dal Presidente della Repubblica non pensa di aver conseguito l'autorevolezza per poter chiedere a che in Italia si faccia di più nel divulgare l'apprendimento del canto corale nelle scuole di ogni ordine e grado, come avviene in molte nazioni di tutto il mondo? Sarebbe per la Coralità, inattiva da mesi e messa alle corde dal maledetto virus, un'occasione per riprendere fiducia in un futuro di cui si intravedono molte ombre. Altra domanda: il 2020 sarà l'anno zero per la Coralità?

Dal Coro Voci d'Alpe Santa Margherita Ligure, GE

La Scuola Italiana, imbrigliata nei regolamenti, non può organizzare manifestazioni artistiche pubbliche. L’Educazione Musicale nella Scuola Media produce il malinconico soffiare nei flauti diritti. Nemmeno i Conservatori di Musica possono proporre concerti oltre ai saggi scolastici. I cori di qualche Università durano per il tempo degli studi interni. E generalmente non hanno seguito.
L’anno zero per tutto il mondo è cominciato in Cina nell’autunno scorso. Noi dei cori dovremo cambiare ciò che in quasi cento anni è stato consolidato, a cominciare dalla quantità dei coristi nelle formazioni, quantità che dovrà essere molto ridotta, perciò specializzata. È una realtà che ancora non sappiamo valutare, che forse tutti non potranno affrontare. Dovremo tralasciare gli scambi corali. Dovremo anche smettere di cantare tra di noi, con i cori quasi sempre trasformati in ascoltatori unici. Sarà indispensabile educare e conquistare un nuovo pubblico con buona musica e tanta poesia. E possibilmente, ma questa necessità si auspica da tempo, abolire l’ingresso libero per ottenere una legittima base economica.


Ho avuto occasione di rivedere su YouTube l'intervista che Monica Mondo le fece l'8 dicembre scorso. Ho ascoltato con piacere il racconto della sua vita, con ammirazione la sua amicizia con padre David Maria Turoldo che ho sempre amato per la sua grande spiritualità. Anni fa ho diretto per 18 anni un coro di voci bianche a cui ho proposto la sua composizione "L'ora nona" e successivamente, con l'aggiunta di alcune voci maschili, abbiamo eseguito anche Gerusalemme città di pietre bianche. In queste due sue composizioni ho avvertito più che mai vere le sue parole sulla necessità dell'ascolto e quindi dell'interiorizzazione del testo e della melodia. Sono due brani per me struggenti che ti portano sulla scena del più grande atto d'amore facendo vibrare l'anima. Attualmente dirigo un coro di voci femminili nato per ricordare una cara amica scomparsa prematuramente. Ho acquistato, nel tempo, le sue trascrizioni per voci pari femminili di alcune sue composizioni. Vorrei poter proporre la versione a voci pari (che non ho) anche del canto Gerusalemme. Le pare che si possa riuscire a trasmettere la stessa profondità nell'esecuzione del brano? Se sì...quale suggerimento mi potrebbe dare?
Dal Coro Con Claudia Imperia

Le trascrizioni, gli adattamenti, sono facili da realizzare. Li faccio volentieri se me li chiedono. Molto spesso mi sono reso conto che in altre versioni vocali, magari anche con degli accompagnamenti non invadenti, il risultato è più suggestivo. E con le giuste composizioni, antiche e moderne, nella prevedibile diminuzione dei concerti che ci aspetta, potremmo servire alle necessità liturgiche. Dovremmo metterci a disposizione delle parrocchie per migliorare la liturgia che il Concilio, male interpretato, ha portato al disordine. Le nostre Associazioni Regionali inventano corsi di Canto Gregoriano che diventano improduttivi per la mancata applicazione.


Maestro De Marzi quale è il primo sentimento che canterebbe dopo questo periodo di forzato silenzio dei nostri cori? Questo periodo le ha ispirato nuove composizioni? ST. John Gospel Choir di Genova

In questi mesi di coprifuoco mi sono chiuso nel silenzio e soprattutto nello studio. Ho amato ogni mattina il Clavicembalo ben temperato di Bach, come nella giovinezza. Da credente, ho seguito le Sante Messe in televisione, ma provando tanto dolore per la mestizia generale, per la banalità delle musiche. Pensare ora a qualche canto nuovo che abbia per argomento la pandemia sarebbe vergognoso, perfino blasfemo.


Problemi e differenze interpretative riguardo la trasposizione dei brani da cori a voci virili a cori misti.
Coro Sarzanae Concentus
Ben vengano le trascrizioni, gli adattamenti per le voci disponibili. Ben vengano gli interventi di pochi solisti da alternare al coro. Per le interpretazioni, con le giuste libertà dinamiche prodotte dalla qualità e dalla quantità, mi preoccupa da un po’ di tempo il fraseggio che non sempre rispetta le esigenze del testo e delle frasi melodiche. Nella vocalità si sta purtroppo diffondendo quel grottesco colpo di glottide negli attacchi, un’acciaccatura inferiore che viene manifestata anche dai direttori improvvisati e dai conduttori chironomici agli amboni.


Io gli chiederei quanto nella sua attività di direttore e compositore ha influito la sua formazione "classica" e in particolare il suo lungo suonare il repertorio vivaldiano e bachiano con i Solisti Veneti.
Dal Coro Brinella di Genova

Ho sempre studiato tanto. Girando il mondo per i concerti ho trovato preziosismi che non si imparano nei Conservatori. I cantanti che ho accompagnato nei Teatri e nelle registrazioni mi hanno rivelato l’importanza massima del respiro. Sono piuttosto scettico davanti alle mossette della moda, talvolta anche risibili, suggerite dai vocalisti, imposte dai direttori che mescolano la palestra ginnica alla preparazione vocale. È questo il tempo giusto da dedicare allo studio del solfeggio cantato.

Con Vivaldi ho vissuto intensamente l’ebbrezza della cantabilità. Ho composto un canto che dice della rugiada di maggio in tre movimenti, come nei suoi Concerti, inchinandomi con riconoscenza al suo inimitabile genio, alla sua felicità veneziana: Brina Brinella. 


Quali consigli propone per le Sue armonizzazioni per i cori a 4 voci miste?
Dal Coro Monjoie di Imperia

Gianni Martini direttore di 4 formazioni corali di repertorio moderno (o come a me piace definire, "musica popolare metropolitana"):

Coro Daneo - Coro 4 Canti - Coro Cantolibero - Quarto Coro.

Qui esprimo una risposta unica… Mi preoccupa soprattutto l’aspetto della dignità nel proporsi. Se negli Stati Uniti, come in Africa, ci sono Chiese o Sette che esprimono gruppi drappeggiati vivacemente, gesticolanti, ammiccanti in varie positure e naturali movimenti come di danza, dobbiamo pensare alla cultura, soprattutto alle sofferenze razziali che hanno generato tutto ciò. Non mi piacciono le imitazioni forzate, specialmente se non vengono spiegate bene e giustificate nella convinta, commossa e coinvolgente partecipazione. Noto anche cori, soprattutto di adolescenti che, preparatissimi vocalmente, cedono alla tentazione di movenze al limite del tragicomico accompagnate da urletti e miagolii.


• Gentile Maestro, il suo importante lavoro compositivo è, almeno in buona parte, vicino alla musica popolare. Si è mai trovato a rielaborare brani di origine popolare preesistenti? Nel caso, visto che la musica popolare " storica " è molto spesso di tradizione orale, come ha proceduto nel lavoro di rielaborazione?

In gioventù fatto molte ricerche nell’autentica musica popolare ormai introvabile. Ho realizzato alcune elaborazioni, sia per coro che per complessi strumentali, anche di sapore classicheggiante. Ma ho capito quasi subito di avere manomesso un valore inestimabile: la verità popolare.

• Mi ha sempre incuriosito la fase in cui il compositore passa dall'intuizione di un'idea musicale alla sua realizzazione e scrittura. Ritiene di poter, in sintesi, fornire qualche spunto circa il suo modo di procedere nell'impostare un brano che sta ancora scrivendo? Si è mai trovato nella condizione di modificare una "prima stesura", per poi arrivare alla definitiva? Grazie.
Dal Coro Monte Saccarello

Non ho mai contato i canti che ho composto. Forse centocinquanta? Ma per farne tanti, molti di più ne ho buttati, cambiati, rifatti. Ho sempre cercato di non accettare proposte e testi per canti di circostanza. Procedo abitualmente realizzando parole e musica insieme. Ma tutto viene quando viene. Non bisogna mettersi alla tastiera con il proposito di inventare qualcosa di nuovo. L’ispirazione sincera è come l’amore: arriva dove e quando vuole, non quando si vuole. Chiarisco che il testo di Signore delle cime ha una decina di traduzioni, non il numero che stranamente si dice in giro. E ci sono trascrizioni musicali di tutti i tipi, anche sinfoniche, come in Giappone. Una, per complesso d’archi, l’ho realizzata non molti anni fa quando mi è stata chiesta dal maestro Scimone per i Solisti Veneti.


Io proporrei: "secondo lei è possibile un'apertura a brani tipici del canto d'autore italiano (sto pensando a De André, De Gregori, ecc.) da parte dei cori alpini?
(Es. Armonizzare a 4 voci "La guerra di Piero" o "Generale").
È un quesito che mi pongo da anni ma non so se ha già una risposta scontata.

Si può fare, anzi, è auspicabile. Ma non bisogna seminare le partiture di effettini, di allitterazioni, come purtroppo accade. E vanno rispettate anche le armonie originali. Io spero sempre in una nuova e inebriante stagione di cantautori italiani che possa influenzare positivamente anche quei complessi corali che stanno prendendo strade avventurose chiamate sperimentazioni. Ho tanta nostalgia di De André, ma anche dei Beatles…


Domande di Daniela Ottobrini

1. Come la musica è entrata nella Famiglia De Marzi?

Mio papà suonava bene il mandolino, i miei zii paterni suonavano il violino, il pianoforte e l’organo. Mia mamma, milanese, era figlia di un fantasioso artigiano con l’abbonamento alla Scala. Si chiamava Edmea, come un’Opera di Alfredo Catalani. Sono stati i miei genitori a scegliere per me lo studio della musica perché fin da bambino inventavo canzoncine d’amore per le bambole di mia sorella che ha due anni più di me. Sono sempre stato un esempio di pigrizia e di solitudine con tanti libri intorno. La mia passione vera è da sempre la letteratura. E amo disperatamente la neve.


2. Quali sono le origini dei crodaioli?

Il coro è stato formato con i soci del CAI di Arzignano, in provincia di Vicenza, nel 1958, inizialmente sul modello del Coro della SAT. Il nome Crodaioli è stato deciso da Carlo Geminiani nel 1963. Vuol dire scalatori delle crode, le pareti dolomitiche. C’è chi pensa che veniamo da Crodo. Nell’armonioso Sud dell’Italia hanno scritto più volte Coro dei Coriandoli.


3. Come I Crodaioli sono riusciti a portare avanti la grande tradizione popolare nonostante il problema generazionale?

Non è mai stato un coro popolare. Mi piace sottolineare che i nostri complessi vocali che non propongono la polifonia classica moderna non devono venire denominati cori popolari. Il vero canto popolare non esiste più da quasi cinquant’anni. C’è la musica corale da classificare secondo i generi e le epoche, dando i giusti nomi ai gruppi. Il canto alpino o di montagna è stato inventato cento anni orsono, in città, a Trento. In montagna si suonano strumenti vari, come i corni e le cetre. Gli alpini veri non hanno mai cantato a quattro voci. In guerra hanno soprattutto sofferto, anche pianto e pregato nella disperazione Mi ha confidato Mario Rigoni Stern che prima di partire dal Don per la tragica Ritirata, un gruppetto dei suoi soldati ha intonato Mira il tuo popolo…


4. Qual è la ricetta per attirare nuovi giovani in un coro?

5. Quali sono le sue composizioni preferite? Sono legate a dei ricordi particolari?

Nei Crodaioli sono passati più di duecentocinquanta cantori. I fondatori del coro avevano tutti meno di trent’anni. Quando arrivavano i giovani li sistemavo davanti e bene in vista, dando subito a loro molta responsabilità con immediate prove individuali. Non ho mai cercato coristi. Arrivavano attirati dagli argomenti proposti con i canti. Il nostro è stato anche un forte impegno sociale. Ci siamo tenuti lontani dalle trame della politica. Veneti sì, ma solo per nascita e per caratteristiche dialettali. Il nostro cuore ha sempre palpitato per la pace nella vicinanza agli ultimi del mondo. Il mio canto più sofferto è La contrà de l’acqua ciara, che dice dell’abbandono della montagna e dell’emigrazione. Poi, e lo confido con vaga malinconia, Ora verrà la neve, verrà da tramontana…


6. Il celeberrimo Signore delle cime dedicato a chi è andato avanti è tra i brani più cantati in assoluto, si sarebbe mai immaginato un successo tale?

Dire “Andato avanti” non mi piace. Preferisco “Nell’Amore di Dio”. A Lipsia, nella chiesa del mio amato Bach, ho sentito Signore delle cime cantato in tedesco in una cerimonia nuziale. Ho telefonato subito ai miei genitori dicendo: “Mamma, papà, non solo nei funerali!”.


7. Domanda in prospettiva: come vede il futuro della coralità italiana in particolare quella di ispirazione popolare.

Questa tragedia segnerà immancabilmente la storia del mondo. E noi che doniamo felicemente, pur nella fatica dello studio individuale e collettivo, la nostra voce anche nelle diverse lingue, proponendo antiche e nuove musiche, diffondendo l’arte di poeti e compositori spesso ignorati dal mondo ufficiale e professionistico, possiamo raccontare la vita nel continuo finire del tempo. Lo facciamo generosamente attraverso l’emozione corale, nell’ebbrezza delle melodie, delle armonie, dei disegni polifonici anche arditi, ma con la poesia dei buoni, degli onesti. Ora dobbiamo coinvolgere un pubblico intimorito ma cosciente e, come si raccomanda ovunque, fargli acquistare, come gesto culturale nella scelta personale, l’accesso meditato nei nostri concerti. Ecco: è anche tempo di abbandonare le consumate liturgie con le presentazioni logorroiche e i discorsi enfatici. Non riserviamo posti ai raccomandati che arrivano in ritardo. Davanti stia chi arriva per primo. E presentiamoci a cantare senza sfilare come soldatini, senza fare cabaret. Chi è avanti con l’età esprima dignitosamente, e con orgoglio, la faticata esperienza, da maestri di vita e di poesia. I più giovani siano felici di misurare la vivacità che dovrà durare lungo gli anni da raccontare nel sorriso. Come nel tempo delle fiabe.
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